IL COMMERCIO DEI FETI ABORTITI
In relazione all’argomento che sarà trattato, la pubblica informazione si ferma alla metà degli anni 80. Dopo, su questo scenario è calato il silenzio.
Non sorprende, considerando il controllo che il Deep State è in grado di esercitare sui mezzi di comunicazione di massa. Sorprenderebbe piuttosto che tale attività sia cessata: non si abbiano dubbi sul fatto che, da allora, sia continuata fino ad oggi.
Sapone e creme antirughe
Il postulato dell’abortismo è che il nascituro non sia persona ma “cosa”, della quale dunque ci si può disfare. Con simili premesse non poteva mancare la conclusione: l’utilizzo commerciale della “cosa”.
Dagli atti del Parlamento belga, 2 gennaio 1982. Deputato M.Geyseling:
“Tutti noi lo sappiamo: le donne vengono pagate per protrarre la loro gravidanza sino al sesto e addirittura al settimo mese in maniera da cedere il feto il più sviluppato possibile alla scienza e all’industria dei cosmetici”.
Dal “Corriere della Sera”in prima pagina: (1)
“Per debuttare con ‘tutti noi lo sappiamo’, il deputato belga doveva essere sicuro dell’oscena omertà che, fin lì, aveva coperto di silenzio uno dei più orrendi, atroci traffici che l’uomo abbia mai inventato”.
Nello stesso articolo si legge che, nel 1977, uno dei maggiori quotidiani giapponesi aveva denunciato un traffico commerciale di feti abortiti tra la Corea del sud e gli Stati Uniti. E ancora, nel 1981 la dogana francese aveva fermato un camion-frigorifero proveniente dalla Svizzera, stipato di feti umani abortiti.
L’anno dopo a Santa Monica, California, era stato intercettato un camion che trasportava 500 feti abortiti conservati in formaldeide.
Dagli atti del Parlamento Europeo, 1983. Deputato Alberto Chergo, Partito PopolareEuropeo. (2)
“Le dimensioni assunte dall’utilizzazione di feti umani vivi e morti sono oggi tali da imporre la considerazione del fenomeno. L’utilizzazione dei feti ha fatto nascere una fitta rete di interessi economici che vanno dal commercio,con misure di incentivazione finanziaria per favorire la disponibilità della madre donatrice, alla manipolazione in laboratorio. Risulta che si verificano scambi di feti e tessuti embrionali tra i Paesi comunitari, nonché tra questi ultimi e Paesi terzi. Risulta inoltre che esistono banche di tessuti fetali che riforniscono numerosi laboratori (…) Questi embrioni vengono sezionati per il prelievo di alcuni organi (pancreas, timo, cervello, ecc.) che successivamente sono congelati con vapore di azoto liquido alla temperatura di -160°. Altri embrioni vengono congelati all’atto dell’estrazione dall’utero materno per essere poi destinati a usi diversi”.
“ L’Osservatore Romano” in prima pagina: (3)
“Alcuni organi di stampa e di informazione hanno fatto conoscere gli estremi di una realtà, di uno dei segni più aberranti e mostruosi di questi nostri anni (ma ci sono parole sufficienti per definirlo?): il mercato di feti umani”.
“Va detto che già da tempo erano giunte notizie di questa turpitudine, ma noi abbiamo voluto pensare che fossero soltanto supposizioni. Non potevamo credere che si potesse giungere a tanto. Ora non più: la denuncia è precisa e circostanziata e indica i riferimenti internazionali di questo satanico mercato che, come tutti i mercati, ha le sue centrali di produzione, i suoi listini e i suoi consumatori. Consumismo di vita umana!”.
“Babies for burning”- Bambini da bruciare
Le prime notizie di un uso commerciale di bambini abortiti arrivano dall’Inghilterra. Due giornalisti, Michael Litchfield e Susan Kentish, avevano stabilito di condurre un’inchiesta sugli aborti tardivi che si concluse nel 1974.
I due non erano militanti pro life, tutt’altro: Litchfield all’inizio dell’inchiesta era indifferente al problema, Kentish tendeva ad essere favorevole all’interruzione volontaria della gravidanza.
L’indagine prese avvio dalle pubbliche dichiarazioni di un abortista che ai due giornalisti apparvero “strane”, così decisero di esplorare i circuiti del sistema abortista inglese, utilizzando microfoni nascosti. Si recarono così presso cliniche e centri abortisti senza preavviso, presentandosi come coppia che aveva stabilito di interrompere una gravidanza indesiderata, o nella veste di imprenditori desiderosi di entrare nel business dell’aborto.
Alla fine dell’indagine furono raccolte 40 ore di registrazione.
I passaggi più significativi furono pubblicati in un libro che fu pubblicato tra la fine del 1974 e l’inizio del 1975. (4) Qualcuno tentò di impedirne la distribuzione e tre richieste in tal senso furono presentate in tribunale, ma furono respinte.
Allora il “Sunday Times”, il 30 marzo 1975, pubblicò una contro-inchiesta con l’obiettivo di smontare il lavoro dei due giornalisti. Tutto fu inutile: per due volte Litchfield e Kentish furono citati in giudizio per diffamazione, e per due volte vinsero la causa. Le registrazioni effettuate nel corso dell’inchiesta furono infine allegate agli atti del “Select Committee”, Commissione parlamentare di quindici membri incaricata dal governo di valutare l’opportunità di modificare in senso restrittivo l’Abortion Act. La Commissione convocò poi i due giornalisti per un audizione.
I passaggi del libro che seguono sono tratti dall’edizione italiana – “Bambini da bruciare”- del libro di Michael Litchfield e Susan Kentish.
La prima registrazione riporta un colloquio in un centro abortista di Harley Street, strada di Londra che sin dal XIX secolo ospita un grande numero di cliniche. Lichtfield e Kentish in questo caso si sono qualificati come giornalisti, dunque il loro interlocutore – un medico- non sa dei microfoni nascosti, ma è a conoscenza che quanto detto sarà pubblicato.
Il medico appare imbarazzato, vuole liberarsi della veste di “macellaio” ( i due giornalisti avevano precedentemente mostrato il loro disgusto per il sistema dell’aborto, che avevano cominciato a conoscere). Il medico tiene così a precisare che si dichiara estraneo ai “veri gangsters di Harley Street”, parole sue, dei quali rivela infine le attività più nascoste.
Da “ Bambini da bruciare” , la testimonianza del medico:
“Qui in Harley Street, non lontano da me, c’è un ostetrico che … so che farete fatica a crederlo, perché è una cosa talmente rivoltante … bé, vende i feti ad uno stabilimento, uno stabilimento chimico, producono sapone e cosmetici…e…… ehm … pagano molto bene, veramente, per i bambini. Perché il grasso animale è prezioso, vale oro nel loro campo” (5)
I giornalisti vogliono saperne di più e insistono nella richiesta di informazioni:
“Il nostro intervistato accettò di fornirci il nome del ginecologo coinvolto nella vendita di bebè ai fabbricanti di sapone. Era evidente però che l’ interessato non avrebbe mai apertamente ammesso. Così ci mettemmo d’accordo per avvicinarlo, presentandoci come una ditta rivale che rilanciava una controproposta per i feti. (…)
L’incontro fu fissato per il mattino seguente alle 11 nello studio di Harley Street. Quando arrivammo, il ginecologo chiese alla segretaria di lasciare la stanza e restò solo con Lichtfield, nel suo studio sontuoso dove tutto parlava di opulenza. Andò a sedersi sul bordo della sua massiccia scrivania di quercia, una vera cortesia da parte sua, perché così facendo veniva a parlare quasi direttamente nel microfono del nostro registratore, nascosto in un portacarte di pelle. Sventolò una lettera in faccia a Lichtfield. “Viene dal Ministero della Sanità” disse, con il volto atteggiato a disgusto. “Qui dicono, vede, che dobbiamo bruciare i feti…che non dobbiamo assolutamente farne commercio, neppure per la ricerca scientifica…è un problema, sa…”
“Ma lei vende già i feti ad una fabbrica di cosmetici”,gli ricordò Licthfield.
“Lo dice lei…Io non dico né sì né no. Vede, io desidero collaborare, ma è difficile. Dobbiamo tenere conto della Legge. La gente che abita vicino alla mia clinica si è lamentata per il puzzo di carne umana bruciata. L’odore viene dall’inceneritore, ed è proprio un fetore. Dicono che puzza come un campo di sterminio nazista durante l’ultima guerra.
Non so come facciano a sapere che puzzo c’era nei campi nazisti, ma non voglio discutere.
Per questo, sono sempre alla ricerca di sistemi per eliminare i feti senza bruciarli. Vede, cedendoli per la ricerca scientifica non si fanno molti quattrini. Bisogna vedere se vale la pena…e come possono essere portati via senza infrangere la legge”
“Bé, e come fa con la fabbrica dell’East End ?”
“Ah, bé, ora…vede…preferirei non sapere ufficialmente cosa succede… I feti, per quanto ne so, sono preparati per l’inceneritore, poi scompaiono.
Non so che fine facciano. Svaniscono e basta. Lei dovrà fare in modo che un furgoncino o un piccolo camion arrivi davanti all’ingresso di servizio. L’ora potrà essere fissata più avanti. Dipende, naturalmente,se ci mettiamo d’accordo.
C’è, naturalmente, l’aspetto economico…sa…che cosa è disposto ad offrire?
“Quanto le danno, adesso?”
“Vede, ci sono alcuni bambini già molto grossi. E’ un vero peccato buttarli nell’inceneritore,quando se ne potrebbe fare un uso migliore” (6)
Segue un’altra registrazione di un colloquio con un medico abortista di Harley Street.
“Noi facciamo molti aborti tardivi, è la nostra specialità. Ne faccio di quelli cui altri non metterebbero mano. Li faccio anche di sette mesi, senza esitare (…).
Molti dei bambini che ottengo sono già belli e completi e vanno avanti a vivere per un po’, prima che li eliminiamo. Una mattina ce n’erano quattro, uno accanto all’altro, che strillavano come disperati.
Non ho avuto il tempo di ucciderli lì per lì, perché avevo molto da fare. Era un tal peccato buttarli nell’inceneritore, c’era tanto di quel grasso animale che avrebbe potuto essere commerciato.A quello stadio, se fossero stati messi in un’incubatrice, avrebbero potuto sopravvivere, ma nella mia clinica non disponiamo di queste attrezzature.
Il nostro mestiere è di interrompere le vite, non di aiutarle a cominciare. Non sono una persona crudele, sono solo realista. Sono pagato per fare un certo lavoro, cioè sbarazzare la donna di un bambino, e non manterrei fede al mio impegno se permettessi al bambino di vivere”. (7)
In seguito il giornalista Michael Litchfield incontrò di nuovo il medico abortista, e in quella circostanza dichiarò la sua vera identità e lo scopo dell’indagine.
Il medico allora dichiarò: (8)
“ Non date la colpa agli ostetrici per quello che succede in questo paese. Non siamo noi, quelli da biasimare. Ce l’hanno imposto”
I due giornalisti così commentano il decreto della Corte Suprema USA del 1973 che legalizzava l’aborto sino al giorno della nascita:
“Attualmente negli Stati Uniti è consentito abortire ad ogni stadio della gravidanza (…) Gli attendibili rapporti che ci provengono dalle cliniche americane sono così strazianti e macabri che riesce duro credere che una simile inumanità, un simile macello siano tollerati in un mondo che si autodefinisce “civile”. Dopo aver sentito queste storie sataniche c’è da chiedersi seriamente se esista qualche speranza per il genere umano”. (9)
Informato dell’inchiesta condotta dai due giornalisti, un medico abortista americano, dott.Malcolm Ridley, di Boston (Massachussets) si recò in Inghilterra per incontrarli, con la dichiarata intenzione di collaborare alle indagini per riparare in qualche modo al male compiuto. Scrivono i giornalisti:
“Il dottor Ridley ci ha raccontato la sua storia come se si confessasse e deponesse un fardello di colpa che pesava sulla sua coscienza da troppo tempo” (10)
La testimonianza di Ridley
“ Il mondo deve rendersi conto di quel che sta succedendo. Il pericolo consiste nel credere che tutto resterà confinato all’America. Non dimentichi che è stato il denaro americano che ha fatto uscire l’industria inglese dell’aborto da una posizione di stallo. Tutta la spinta per la legge sull’aborto del 1967 è stata ispirata dall’America.
Il racket dell’aborto tardivo (…) consiste nel fare un aborto nella fase terminale della gravidanza, mantenendo in vita il bambino anche se la madre pensa che sia stato ucciso. (…) I bambini sono ufficialmente morti, così possono essere mantenuti in vita senza che nessuna anagrafe ne registri l’esistenza. Possono quindi essere sottoposti ad ogni genere di esperimento.(…)
“Nella maggior parte dei casi, i bambini tenuti vivi per la sperimentazione vengono eliminati prima che compiano un anno” (11)
Cavie da esperimenti
Tutto questo non sfuggì alla pubblica informazione che al tempo, evidentemente, aveva il guinzaglio più lungo.
“Sapevamo che in Inghilterra e negli Stati Uniti i bambini abortiti vengono usati per esperimenti scientifici al termine dei quali vengono uccisi o lasciati morire. Prevedevamo che la stessa cosa, dopo l’approvazione della legge 194, presto o tardi sarebbe avvenuta anche in Italia”. (12)
“ Secondo la descrizione fatta dal settimanale ‘Oggi’, il prof. Pier Giorgio Data,direttore dell’Istituto di fisiologia umana all’Università di Chieti, avrebbe già compiuto numerosi esperimenti con il permesso dell’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, a sua volta delegato dal ministero della Sanità. Data avrebbe trattato già una cinquantina di feti da 18 a 24 settimane, inferiori a 700 grammi e provenienti da aborti terapeutici. Il feto è chiuso in una vaschetta piena di gelatina immersa in una più grande piena di acqua tenuta a temperatura controllata. La macchina, tramite il cordone ombelicale artificiale, riceve il sangue sporco, lo ossigena, lo depura e lo restituisce al feto,arricchito di nutrimento.
Solo una decina di feti sono giunti alla macchina in condizioni buone e hanno continuato a vivere per qualche tempo” (13)
“ Più di 700 cadaverini, tragico risultato di altrettanti aborti compiuti in alcuni ospedali,sono stati rinvenuti nell’abitazione di un uomo che aveva lavorato in un centro per analisi di laboratorio a Santa Monica (California).
I corpicini, conservati con una speciale sostanza chimica in buste di plastica, erano raccolti in un contenitore metallico ed erano presumibilmente destinati ad essere utilizzati in laboratorio. (…) Per quanto agghiacciante, la notizia della tragica scoperta non può sorprendere quanti sanno che molto spesso i bambini abortiti vivi sono usati per esperimenti di laboratorio prima di essere lasciati morire o di venire uccisi, mentre, se morti, vengono non di rado impiegati per la produzione di cosmetici.
Fatti che parrebbero incredibili, e che sono invece documentati nel “Manuale sull’aborto” dei coniugi Willke e nel libro “Bambini da bruciare di Michael Lichtfield e Susan Kentish”. (14)
Note
1) “ Corriere della Sera”, 20 agosto 1984
2) Il protocollo UE: “Relazione sull’uso dei feti umani, vivi e morti,a scopi di ricerca scientifica e di sfruttamento per prodotti di bellezza”.
3) « L’Osservatore Romano» 22 agosto 1984
4) Michael Litchfield, Susan Kentish “Babies for burning.The abortion business in Britain” (Serpentine Press Ltd Conduit Street, London, 1974).
5) Cfr. Michael Litchfield, Susan Kentish“Bambini da bruciare”, Edizioni Paoline, 1976, p.176
6) Ibid., pp. 176-179
7) Ibid., pp.179-180
8) Ibid., p.181
9) Ibid., p.207
10) Ibid., p.208
11) Ibid., pp.208-211
12) Sì alla vita” mensile del “Movimento per la Vita italiano”, febbraio-marzo 1981.
13) “Il Tempo”, 19 marzo 1981, pag.16.
14) “ Sì alla vita”, marzo 1982. Art. “ A che cosa servivano quei 7000 cadaverini”.