L’idea corrente è che l’aborto volontario sia un atto moralmente neutro.
L’opinione pubblica occidentale è stata educata a credere che la madre, in nome della “autodeterminazione della donna”, abbia il diritto di uccidere il bambino che porta in grembo, se questo giova alla “qualità” della sua vita.
Noi non giudichiamo la donna che uccide il proprio figlio, giudichiamo chi ha trasformato l’infanticidio in un “diritto”. Tale ordine di idee, che oscilla tra la criminalità e la demenza, non concepisce il feto come “persona”, ma alla stregua di un qualsivoglia organismo biologico eventualmente rimovibile.
Eppure la donna annuncia la maternità dichiarando “attendo un figlio”; non saprebbe definire diversamente l’embrione umano che per lei è già “persona” ed anzi, almeno in teoria, la più amata tra le persone.
Come ha potuto l’ideologia abortista riprogrammare nella coscienza collettiva l’idea della vita e della maternità?
Ne abbiamo preso atto: attraverso un condizionamento mentale di massa, complice una classe politica addomesticata dai poteri che hanno pianificato l’aborto nel mondo.
Un’operazione immensamente articolata, che per decenni ha visto in campo istituzioni internazionali, fondazioni, movimenti, partiti, giornali, televisioni e opinion leader che, ai quattro angoli dell’Occidente hanno usato gli stessi metodi e gli stessi slogan. Tutto questo per imporre l’idea che il nascituro non appartenga ancora alla famiglia umana, ma ad una “quasi” umanità, ad una terra di nessuno dalla quale può essere espulso attraverso un aborto.
Le chiavi di questa operazione culturale sono state in primo luogo la menzogna sistematica sul numero di decessi provocati da aborti clandestini, per predisporre l’opinione pubblica ai successivi passaggi.
Poi una manipolazione. del linguaggio per appannare la percezione della realtà.
In questa logica la parola “aborto procurato”, che sa troppo di esecuzione capitale, è paradossalmente assente nel dizionario abortista, sostituita da espressioni più eleganti come “interruzione volontaria della gravidanza” o incomprensibili, come l’acronimo IGV. Questo vale anche per “figlio” e “bambino”, sostituiti da “prodotto del concepimento”, “materiale fetale”, “tessuto fetale”.
Infine la punta di lancia dell’operazione: l’esortazione a liberarsi dalle catene del pensiero morale e religioso, forti del “diritto di decidere della propria vita”.
Decidendo la morte altrui.
A guardia del sistema, un’isteria permanente.
L’abortista di turno è sempre pronto a ululare “diritti”, seguito, all’occorrenza, dagli ululati di stampa, politica, e istituzioni addomesticate, per intimidire chi voglia porre limiti alla “libertà della donna”- parola magica- ostinandosi a difendere la vita di bambini che, se potessero parlare, chiederebbero di vivere.
Nelle società abortiste il posto meno sicuro per un essere umano è il grembo della propria madre.
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Il diritto di vivere e il “diritto” di abortire
L’ideologia abortista ha conferito alla madre un potere di vita e di morte sul nascituro, negando così il primo tra i diritti che spettano ad ogni uomo: quello di vivere. Eppure la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” recita all’ art. 3: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”. In teoria.
In pratica, il diritto alla vita e alla sicurezza è finito in poltiglia insieme al numero infinito di bambini vittime di un aborto procurato e legalizzato.
Non ha fatto una fine migliore il diritto alla libertà sancito dallo stesso articolo, perché la legalizzazione dell’aborto, in via di principio, ha ripristinato l’idea della schiavitù. Negando al nascituro la dignità che spetta ad ogni essere umano, e negando quindi che il nascituro sia portatore di diritti (come se la donna portasse in grembo una creatura ibrida, misteriosa,di una specie ancora da scoprire), l’ideologia abortista trasforma l’essere umano in “cosa”.
E’ la riaffermazione dello schiavismo di ogni tempo, del suo principio fondante, che concepisce lo schiavo non come uomo, ma come oggetto di proprietà.
Non per nulla, nel passato, chi uccideva il proprio schiavo non doveva risponderne alla legge, perché il valore della vita dello schiavo non era legato alla sua dignità di uomo, che non era riconosciuta, ma solo alla sua funzionalità.
Ugualmente, l’abortismo riconosce soltanto l’utilità, in questo caso psicologica e affettiva, del nascituro. Così, se la maternità è desiderata, il feto è considerato un essere umano, con le cure e le attenzioni che gli spettano come tale.
Se, diversamente, il figlio non è voluto, allora per onorare il principio della “autodeterminazione della donna”, il figlio viene ucciso a norma di legge.
Tutto questo calpesta la legge di Dio, cancella una vita, l’amore materno e l’idea stessa di Diritto.
Si fa appello al Diritto, infatti, ogni qual volta l’autodeterminazione legittima, espressione del libero sviluppo della personalità, degenera in autodeterminazione illecita, espressione di un egoismo distruttivo che per affermare diritti presunti calpesta diritti reali, arrecando ingiusto danno al singolo o alla collettività. Spieghino allora, i parlamentari “progressisti” che hanno legalizzato l’aborto volontario, in quale logica l’interruzione volontaria della gravidanza sia da ritenersi autodeterminazione lecita, quando essa arreca al nascituro ilmassimo grado del danno: la soppressione della sua vita.
Spieghino, i parlamentari progressisti, perché dovremmo chiamare “legge” una norma che legalizza l’omicidio e pianifica la denatalità,quando una legge è, per definizione, una norma orientata al bene comune.
Negare il diritto di vivere ad un essere umano innocente e indifeso, è un “bene”? È orientata al bene comune una norma che legalizza lo spopolamento di una società, nella prospettiva della sua estinzione? (questo vale per l’Italia, come è noto)
Le “leggi” abortiste richiedono le virgolette, perché esse hanno scavato nel patto sociale una zona franca di omicidi impuniti nella quale il Diritto scompare, per riapparire però, come un pupazzo a molla, ogni qual volta l’ autodeterminazione della donna non si applica all’aborto volontario.
Allora la donna è tenuta a restituire alla vita umana il suo valore, pena la galera, in ossequio al Diritto che, compiuto il salto mortale della legalizzazione dell’aborto, torna a non ammettere disinvolte “autodeterminazioni”, meno che mai omicide: nei paesi abortisti i procedimenti giudiziari a carico di assassini non terminano nel’udienza preliminare con un “non luogo a procedere” in quanto “L’imputato non è punibile perchè ha ucciso per autodeterminarsi”
Ogni legge educa, e questa non fa eccezione: legalizzare l’aborto significa invitare all’aborto.
Si è uomini subito
I radicali italiani, nella relazione introduttiva alla loro proposta di legge sull’aborto del 5 luglio 1976, definivano il feto un “ammasso informe di cellule”.
Ammasso informe di cellule?
Si legge nella rivista scientifica inglese “Nature”,tra le più autorevoli, nell’articolo “Your destiny from day one”, 4 luglio 2002:
“ Il vostro mondo ha preso forma nelle prime 24 ore dopo il concepimento. Già nei primi minuti e nelle prime ore in seguito all’unione di spermatozoo e ovulo, si stava definendo dove sarebbero spuntate la vostra testa e i vostri piedi e da quale parte si sarebbero formate schiena e pancia.”
Il progetto della vita umana è custodito nel DNA, la struttura molecolare che custodisce il codice genetico, unico e irripetibile, di ogni essere umano. Al microscopio elettronico il DNA si presenta come un doppio filamento di molecole, i cromosomi, in forma di XX per le femmine, di XY per i maschi.
I cromosomi custodiscono i “geni”dell’individuo, che attraverso impulsi biochimici governano la vita dell’organismo. Ciascuna delle 100.000 miliardi cellule del nostro corpo, contiene nel suo nucleo il DNA, formato da 46 cromosomi.
Lo spermatozoo maschile e l’ovulo femminile sono cellule – cellule sessuali- ma il
loro nucleo contiene solo 23 cromosomi. Quando lo spermatozoo feconda l’ovulo, penetrando in esso, i nuclei delle due cellule sessuali, unendosi, formano il nucleo della prima cellula di un nuovo essere umano, nel quale la compenetrazione dei 23 cromosomi paterni e 23 materni ristabilisce il numero di 46 cromosomi..
E il concepimento: prende forma un DNA che non c’è mai stato prima, che non ci sarà mai più dopo: il progetto di una nuova vita, unica e irripetibile.
Dal nucleo della prima cellula del nuovo organismo umano, detta “zigote”, il DNA dirigerà la costruzione del nuovo organismo, definendo dove spunteranno testa e piedi, dove si formeranno schiena e pancia, governando e difendendo la nuova vita per tutto il cordso della sua avventura terrena.
feto di nove settimane, terzo mese di gravidanza (elaborazione grafica in grandezza reale)
feto di dodici settimane, fine del terzo mese di gravidanza (elaborazione grafica in grandezza reale)
In questo scenario, la legislazione mondiale progressista prevede che l’aborto volontario sia “libero”, cioè non sottoposto a restrizioni, effettuabile per qualunque motivo a discrezione della donna, fino alla 12ª settimana, terzo mese di gravidanza. A questi si aggiungono gli aborti tardivi, ma solo per “gravi motivi” fino alla 24ª settimana, sesto mese di gravidanza.
A questa macellazione di esseri umani si affianca, ne abbiamo preso atto, la sperimentazione su feti abortiti, morti, o tenuti in vita dopo l’aborto ad uso e consumo dei ricercatori.
Annotava Oriana Fallaci:
“Se al posto di Birkenau e Dachau ci metti gli istituti di ricerca gestiti dalla democrazia, se al posto dei gemelli vivisezionati da Mengele ci metti gli embrioni umani che dormono nei congelatori, il discorso non cambia”(2)
Note
2) “Corriere della Sera”, 3 giugno 2005. Dall’articolo di Oriana Fallaci “Noi cannibali figli di Medea”. Il passaggio dell’articolo citato in:
http://www.marciaperlavita.it/articoli/94-embrioni-morti-in
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Attenzione: l’immagine che segue è sconsigliata a donne incinte, minori, persone impressionabili
Potrebbe sorgere il sospetto che questa immagine agghiacciante sia artefatta, elaborata al computer. Non possiamo escludere un tale sospetto perché l’ignoranza sulla vita prenatale in generale, e sulle procedure dell’aborto in particolare, è molto diffusa, anche presso persone colte, grazie al sistema delle comunicazioni sociali che sta sempre alla larga dall’argomento. In altre parole, potrebbe sorprendere che, al terzo mese di gravidanza, la conformazione delle braccia e delle mani sia compiuta.
Si tenga presente che, all’undicesima settimana di gravidanza, tutti gli organi del corpo umano sono formati. Alla dodicesima settimana, tempo ancora utile per l’aborto a norma di legge, il cuore del feto pulsa a 140 battiti il minuto, le dita delle mani e dei piedi sono perfettamente formate, in grado di flettersi e provviste di unghie. Si verifichi su un manuale di embriologia.
Fonte: originale fotografico ( in nostro possesso) fornito da Niahh Nic Mathuna, presidente del movimento pro-life irlandese “Youth Defence”, in occasione della “Giornata internazionale per la vita”.
Il convegno ebbe luogo a Milano il 28 novembre 1998 presso il “Centro culturale di Milano”, via Zebedia, 2.