Il governo-ombra degli Stati Uniti
A partire dagli anni 30 il Council on Foreign Relations, fondato a New York dieci anni prima da Mandell House e dalle Round Tables americane, iniziò la sua marcia verso il controllo totale della cosa pubblica USA.
Il senatore repubblicano Barry Goldwater, candidato nel 1964 alla presidenza degli Stati Uniti: (1)
“Nel settembre 1939, due membri del Council on Foreign Relations, Hamilton Fish Armstrong e Walter H. Mallory, offrirono al Dipartimento di Stato la consulenza del Council. Essi proposero di fare ricerca e di fornire suggerimenti al Dipartimento, senza formali mandati o cariche, particolarmente in quattro aree: armamenti, problemi economico-finanziari,problemi politici e territoriali. La Fondazione Rockefeller era disposta a finanziare questo progetto. Da quel giorno, il Council on Foreign Relations ha collocato i suoi membri in posizioni di rilievo nei processi decisionali del Governo federale, e non solo presso il Dipartimento di Stato.
Dal 1944 ogni Segretario di Stato, con l’eccezione di James F. Byrnes, è stato un membro del CFR”.
Il CFR era un contro-potere operante non solo in America, ma proiettato verso il mondo intero, come teorizzato a Oxford settant’anni prima.
Barry Goldwater:
“Il CFR è la branca americana di una società originaria dell’Inghilterra. Con prospettive internazionaliste, il CFR, (…) propugna la cancellazione dei confini nazionali e l’instaurazione di un mondo unico”. (2)
La creazione di un “mondo unico”, nella strategia del CFR, avrebbe dovuto attuarsi attraverso la potenza degli USA.
L’analista americano David Korten:
(…) “Il 24 luglio 1941, un memorandum del CFR delineò il concetto di ‘area vitale’, vale a dire la parte del mondo che gli Stati Uniti avrebbero dovuto dominare economicamente e militarmente per garantire alle industrie il fabbisogno di materie prime”. (5)
David Korten, docente alla Harvard Business School:
“ Il Council on Foreign Relations americano era un punto d’incontro per i principali esponenti dell’industria e della diplomazia, una palestra di leaders e di idee cementati dalla fede in una economia globale dominata dagli interessi delle aziende americane”. (3)
Nel corso del secondo conflitto, nella certezza di una vittoria contro l’Asse, il CFR cominciò a disegnare un mondo nuovo nel quale non vi sarebbe stato posto per le sovranità nazionali.
Daniel Estulin:
“Di fatto il CFR stava pianificando il nuovo ordine mondiale già prima del 1942”. (6)
Il CFR giocò le sue carte con la guerra ancora in corso, affinchè i punti-cardine del progetto globalista fossero inseriti in tempo utile nell’agenda mondiale, prima che le nazioni uscite dal conflitto costruissero autonomamente i propri destini.
Così nel luglio 1944, un mese dopo lo sbarco in Normandia, il governo degli Stati Uniti convocò a Bretton Woods (USA, New Hampshire) i rappresentanti di 44 paesi per una Conferenza internazionale in vista di un nuovo ordine economico.
Questo avveniva dietro impulso del CFR e secondo i suoi progetti.
Il sopra citato David Korten annota che il memorandum del CFR del 1941 auspicava, a lato dell’asservimento economico di alcune aree del pianeta agli interessi USA, la creazione di istituti economici “globali”.
“Il documento richiedeva anche la creazione di istituzioni finanziarie mondiali per ‘...stabilizzare le monete e promuovere programmi di investimento a favore delle imprese’ ”. (7)
Questo, puntualmente, accadde. A Bretton Wood, nel 1944, fu decisa la creazione della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, controllori non richiesti della vita economica delle nazioni.
Il CFR nel dopoguerra
All’indomani della fine del conflitto, il controllo della cosa pubblica americana, da parte del CFR, potè dirsi compiuto. Il 23 febbraio 1954 il senatore repubblicano William Jenner dichiarò pubblicamente:
“Apparentemente abbiamo un governo istituzionale, ma in realtà, dietro il governo e il sistema politico, opera un altro sistema”. (8)
Il CFR allungò i suoi tentacoli fino alla nascente Organizzazione delle Nazioni Unite.
Daniel Estulin: (9)
“Quando si è tenuta la conferenza costituiva delle Nazioni Unite a San Francisco, più di quaranta delegati degli Stati Uniti erano del CFR.”
Il diavolo si vede nei particolari, e vi è un particolare, nella vita delle Nazioni Unite, molto eloquente. Nel 1948, tre anni dopo la sua fondazione, l’Organizzazione delle Nazioni Unite non disponeva ancora di una sede.
Si legge sul “Corriere lombardo” del 14-15 giugno 1948, che al comitato incaricato di effettuare la ricerca, fu gratuitamente offerto un terreno, a New York, tra la 42ª e la 48ª strada, sul quale sarebbe poi stato edificato il Palazzo di vetro.
Alle 10.30 dell’11 dicembre 1946, ultimo giorno stabilito dalla procedura per concludere la ricerca, ai membri del comitato fu annunciata, leggiamo sul quotidiano: “…la generosa offerta del Sig.Rockefeller”. (10)
Il comitato, riconoscente, accettò, e le Nazioni Unite entrarono così a far parte del Deep State americano. Non per un caso, a partire dagli anni 60, l’ONU si fece carico diretto di tutte le operazioni gestite, come vedremo in altri Dossier, dalla Fondazione Rockefeller: negli anni 60, la denatalità organizzata attraverso la pianificazione della contraccezione e dell’aborto di massa; attualmente l’ omosessualismo e la cultura “gender”.
Nel 1960, alla morte di John Rockefeller II, il figlio David fu prescelto tra i suoi quattro fratelli per assumere la leadership del gruppo, ereditando una ricchezza smisurata e lo smisurato potere del CFR.
Scriveva nel 1979 il senatore repubblicano USA Barry Goldwater:
“Il CFR conta 1.400 tra i nomi più prestigiosi del governo, del lavoro, degli affari, della finanza, della comunicazione, delle Fondazioni, delle università. Colloca i suoi uomini in quasi tutte le posizioni chiave di ogni amministrazione sin dai tempi di Franklin Delano Roosvelt”. (11)
Da allora, David Rockefeller operò come uomo-chiave del Deep State nello svolgimento dei progetti massonici per il mondo.
David Rockefeller:
“Entrai a far parte del consiglio di amministrazione del Council on Foreign Relations nel 1949. A 34 anni, ero il membro più giovane. (…) Nel 1970 succedetti a Jack McCloy come presidente”. (12)
David Rockefeller: “Trovai nel Council on Foreign Relations di New York la sede ideale per seguire i miei interessi negli affari internazionali.
Gli “affari internazionali” erano la pianificazione della globalizzazione.
Ancora David Rockefeller:
“Ho collezionato oltre 5 milioni di miglia aeree, l’equivalente di duecento circumnavigazioni del pianeta, ho consumato qualcosa come diecimila pranzi d’affari (…) Ho incontrato più di duecento capi di Stato e di governo, e molti li ho conosciuti sul piano personale. (…) questi viaggi per me sono stati produttivi e gratificanti, nonché essenziali per la globalizzazione delle nostre operazioni”. (14)
Note
1) “ With no apologies” by Barry Goldwater, Hard Cover Publisher 1979. p.277 -278
http://www.thirdworldtraveler.com/New_World_Order/Goldwater_NoApologies.html
2) Ibid., p.128
3) Jerry Mander-Edward Goldsmith “ Glocalismo”, Arianna Editrice, Casalecchio (Bologna), p.31
4) Cfr. “ Daniel Estulin “ Il club Bilderberg – La storia segreta dei padroni del mondo” – seconda ed. aggiornata, Arianna Editrice 2012, pag.126.
5) Cfr Jerry Mander-Edward Goldsmith, op.cit., pag. 31.
6) Cfr. Daniel Estulin, op.cit., pag. 125.
7) Cfr Jerry Mander – Edward Goldsmith, op.cit., pag. 32.
8) Cfr. “ Daniel Estulin, op.cit., p.119.
9) Ibid., p.126
10) Cfr. “ Il Corriere lombardo”, 14-15 giugno 1949.
Il quotidiano fu fondato il 30 luglio 1945 per colmare il vuoto di informazione lasciato dalla chiusura del “Corriere della Sera”, che era stato soppresso dopo l’entrata delle truppe alleate a Milano, perché accusato di connivenza con il Fascismo e la Repubblica Sociale Italiana.
Il “Corriere della Sera” riprenderà le sue pubblicazioni nel 1946, il “Corriere lombardo” cesserà la sua attività nel 1966.
11) Cfr. Barry Goldwater, “ With no apologies”, op.cit. pag. 277 (vedi nota 1)
12) David Rockefeller,“La mia vita”, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2002, op.cit. pag. 448.
13) Ibid., pag. 446.
14) Cfr. David Rockefeller, “La mia vita”, Mondadori Editore, Milano 2002, op.cit., pag. 218.